Chi ha paura del buio e delle streghe?
All’Arcobaleno è arrivato Mister Zucca
Nell’ambito delle attività legate ai cicli stagionali ed in occasione della celebrazione dell’autunno, i bambini dell’Arcobaleno hanno intrapreso un suggestivo ed articolato percorso, all’interno del quale le tematiche si sono sviluppate intrecciandosi reciprocamente. Così, siamo andati a zonzo tra investigazione della natura, per carpirne i segreti e le strutture più nascoste; viaggi nel tempo, alla scoperta dei culti e delle tradizioni dei popoli antichi; e la conoscenza delle paure ancestrali, quelle che accompagnano l’uomo fin dagli albori e che, camuffate dietro varie forme, sono ancora dentro di noi. L’avventura si è conclusa con un ricco laboratorio creativo.
Il nostro viaggio è iniziato con una storia.
C’era una volta, 2000 anni fa, un antico popolo, quello dei Celti, insediatisi tra Irlanda, Scozia e Galles; erano un popolo di agricoltori e pastori e gli eventi della natura ed i ritmi stagionali, erano di vitale importanza per il gruppo, com’era fondamentale, riuscire a prevedere gli eventi atmosferici ed istituire una ritualità propiziatoria.
Ecco perché tutte le loro feste, erano finalizzate a stabilire un profondo e favorevole rapporto tra uomo e natura. Un momento importante e magico delle celebrazioni celtiche era il passaggio tra il 31 ottobre ed il 1 novembre. La festa più importante del calendario celtico, che si svolgeva secondo i ritmi della natura e delle stagioni.
Era la celebrazione di “Samhair”, divinità che rappresentava la notte.
Samhair era anche uomo-dio ed evento naturale insieme e, per lui, il volgersi dell’autunno, rappresentava l’arrivo della triste epoca del lungo buio invernale, e segnava la fine dei raccolti e della pastorizia. Le nebbie gelide scendevano sulle “highlands”, la luce del sole riscaldava solo per poche ore.
La gente dei clan si stringeva, di notte, vicino ai focolari a narrare di gesta e di leggende. Intagliavano rape per farne delle lanterne dall’aspetto minaccioso ed invocavano gli spiriti della natura perché essa fosse benevola. “Samhair, in antico irlandese, significa “fine dell’estate”.
I Celti avevano il culto della Dea Madre, figura femminile potente, dispensatrice di vita e di morte e legata al ciclo delle stagioni.
Corrispondente, a sua volta, al culto greco di Gaia e Demeter. “Gaia” infatti deriva da Γαῖα, che in greco antico significa “Terra”.. Da cui la parola γεωργός (gheorgos) ovvero “colui che plasma la terra”, “agricoltore”. Ecco perché la donna, nella cultura nordica, era una figura importante e determinante nel sostegno della comunità. La donna aveva accesso alla cura ed alla medicina erboristica, raccoglieva, essiccava ed estraeva principi vitali dalle erbe e per questo era considerata una creatura soprannaturale e degna di rispetto e venerazione.
Secondo le usanze e la cultura celtiche, la donna s’identificava con la figura della “Wicca”, intemediaria tra la Madre Terra, e quindi la Natura e l’uomo. Passati nella cultura mediterranea impregnata dalla fede monoteista, soprattutto in epoca medievale, questi riti pagani, che non erano altro che cerimonie propiziatorie per i cicli stagionali, sono stati interpretati come eventi di stregoneria malefica, la donna “Wicca” divenne, nell’immaginario collettivo, una donna dai poteri sovrannaturali atti al maleficio, tanto che, nella cultura anglosassone, lo stesso termine diede origine alla parola “witch”, che significa, appunto, ”strega”.
Così, nel susseguirsi dei secoli, l’essenza originaria di questi culti pagani venne dimenticata , e la notte del 31 ottobre, durante la quale si celebravano rituali di passaggio tra i cicli stagionali, fu trasformata nella festa radicata successivamente in molti paesi e che, da quelli anglosassoni, venne annoverata come festa di “Halloween” (All Hallows’ Eve) ovvero “Notte di tutti gli spiriti sacri”, con i suoi connotati orrorifici e sovrannaturali.
Nell’840, sotto papa Gregorio IV, la Chiesa cattolica istituì ufficialmente la festa di “Ognissanti” per il 1 novembre: scelta intesa probabilmente a creare una continuità col passato, sovrapponendo la nuova festività cristiana a quella più antica.
Negli ultimi anni del secolo la festività purtroppo ha assunto un carattere consumistico, con un oscuramento progressivo dei significati originari.
Ecco perché , in occasione del volgersi dell’autunno, abbiamo voluto fare un piccolo tuffo nel passato, per scoprire come l’uomo, tanto tempo fa, affrontasse le sue paure più profonde, e superasse le importanti tappe di passaggio della sua esistenza. Così abbiamo scoperto che i rituali e le feste, non possiedono solo una funzione celebrativa ma, anticamente, rappresentavano un modo per superarle. La paura del buio è la paura di ciò che non si vede, e quindi dell’ignoto, su cui non possiamo esercitare un controllo.
E dall’ oscurità può emergere tutto quello che il nostro io più profondo porta con sé, fin dalla notte dei tempi.
Abbiamo così iniziato ad esplorare la natura in un modo più attento ed approfondito, ed a cercare i suoi schemi più nascosti, a scoprire perché, in autunno, tutto intorno a noi diviene una meravigliosa tavolozza fatta di ocra gialla, ocra rossa, giallo cobalto, e le varie gradazioni del rosso: magenta, porpora, carminio.. A capire che ci sono forme ricorrenti che sottendono alle leggi di natura, che sono universali e rivelano, oltre agli schemi di sviluppo, anche le forze cui tutti gli esseri viventi sono soggetti. Abbiamo scoperto che l’alternanza delle stagioni è un fenomeno astronomico e scaturisce dalla “danza” della Terra attorno al Sole (movimento di rivoluzione) e dalla sua orbita ellittica. Perché la conoscenza è come una luce che, timidamente ma inesorabilmente, ci libera dal grigiore dell’incertezza e del dubbio, e stimola nuove domande e nuove scoperte..
In seguito, abbiamo azionato di nuovo la macchina del tempo, per emulare gli antichi celti, i quali, non potendo chiedere il sostegno della scienza, perché ancora non era nata, per superare la paura degli eventi naturali che potevano costituire una minaccia alla loro sopravvivenza, si avvalevano di ciò che l’esperienza aveva loro insegnato ma anche dei miti e delle leggende tramandate, e della loro immaginazione…
Così abbiamo preso delle zucche, della paglia, una struttura di fil di ferro, un pantalone ed una camicia consunti, della carta da giornale, un paio di stivali e, divertendoci come non mai, abbiamo dato vita ad un personaggio a grandezza naturale: “Mister Zucca”. E’ diventato subito un amico fedele , così l’abbiamo invitato ad investigare la natura con noi e gli abbiamo chiesto di aiutarci ad affrontare la paura dell’ignoto.
Poi, per festeggiare questa emozionante avventura, un viaggio che non finisce mai, abbiamo usato tutta la nostra creatività per inneggiare alla bellezza della natura, imbrigliandone le forme ed i colori in un’opera d’arte: il rosso ed il blu, fusi in pennellate di viola cupo, da cui affiorano spirali di foglie autunnali, che si rincorrono incessantemente.
Su grande scala ricordano le spire di alcune galassie.
Così come la struttura tridimensionale al centro della tela, la stilizzazione di una zucca, ad un’osservazione attenta risulta composta da molte strutture più piccole pressoché identiche a quella su scala più grande: abbiamo scoperto la “natura frattalica” della realtà.. E la cosa altrettanto sorprendente è che siamo stati ispirati da materiale di recupero: piccoli cerchi di cartone ignari della loro funzione, dipinti di arancio zucca, assemblati in arditi intrecci… meandri della nostra fantasia ed immaginazione.