Quando la creatività abbraccia la scienza: tra scienza e arte
I piccoli “artisti-scienziati” dell’Arcobaleno presentano le loro opere tra scienza e arte
Quando l’arte abbraccia la scienza accadono cose strane. Ecco, succede tra scienza e arte….
Due sfere apparentemente contrapposte, quella razionale, propria del pensiero logico-deduttivo, e quella irrazionale, propria del processo creativo, all’ improvviso iniziano a rincorrersi ed a compenetrarsi, fino a fondersi, creando qualcosa di nuovo, qualcosa di magico: promuovono nel bambino, lo sviluppo di una capacità nuova; una capacità completa ed amplificata, che rafforza sia la sua propensione verso la scoperta del mondo naturale, stabilendo continui rapporti di “causa-effetto”, sia il suo “senso del bello”, che lo spinge a cogliere il “meraviglioso estetico della natura”.
Partendo dal Regno Galattico e ritornando “giù” gradualmente sulla Terra ( ma anch’essa fluttua nel cosmo..) per esplorare, scoprire, conoscere ed infine, cogliere gli aspetti più profondi della natura. Il filo rosso del percorso chiamato “Astrarte” in onore ed in memoria dell’artista Renzo Bergamo, fondatore del movimento culturale ed artistico omonimo, è far cogliere al bambino, il duplice aspetto del mondo naturale: “l’infinitamente grande e l’infinitamente piccolo”.
Condurlo a comprendere che essi rappresentano due dimensioni della stessa realtà, di cui l’uomo non solo è il soggetto conoscitivo ma è anche tramite e parte integrante. Scoprire che quelle “dimensioni” possono essere non solo esplorate ma anche imbrigliate artisticamente. Così, colori, pastelli, matite, tempere ed altro materiale che la fantasia e la creatività può suggerire, possono diventare, tra le mani dei bambini, un potente strumento espressivo.
Ma accade un’altra cosa bizzarra quando l’arte si unisce alla scienza: sopravviene una sorta di “mutualità”. Un po’ come accade in natura quando due organismi si sostengono e rafforzano reciprocamente; ecco, dal punto di vista strettamente epistemologico, cogliere l’estetico della natura e cercare di rappresentarlo artisticamente, aiuta a comprendere in maniera più profonda l’aspetto più propriamente scientifico degli eventi naturali e cosmici. In tal modo, l’arte e la scienza si configurano come elementi contrapposti e nello stesso tempo complementari. La complementarità, altro concetto cruciale nel mondo della natura. Non è un caso che il fisico Niels Bohr, immergendosi nel mondo quantistico, dove la contraddizione e la verità stanno fianco a fianco, adottò per tutta la sua vita e la sua ricerca, il simbolo dello Yin e dello Yang. “ Nessuna prospettiva esaurisce la realtà e prospettive diverse possono essere preziose e tuttavia mutuamente esclusive”.
Scorrendo tra le pagine di uno fra i libri scritti dal prof. Carlo Rovelli, fisico teorico tra i più attenti alle implicazioni filosofiche dell’indagine scientifica, mi sono imbattuta in una sua metafora bellissima, che si sposa meravigliosamente con il percorso di Arte/Scienza…
Eccola….
”L’umanità è come un bimbo che cresce e scopre con stupore che il mondo non è solo la stanzetta e il suo campo giochi, ma è vasto, ci sono mille cose da scoprire; idee da conoscere diverse da quelle fra le quali è cresciuto. L’Universo è multiforme e sconfinato, e continuiamo a scoprirne nuovi aspetti. Più impariamo sul mondo, più ci stupiamo della sua varietà, semplicità e bellezza”.
Ecco perché, in questo nostro avventuroso viaggio, abbiamo esplorato il Cosmo come se fosse un’opera d’arte, ed abbiamo compreso che, a forza di curiosare e di scoprire ed esplorare ancora, l’Universo può rivelarci la sua bellezza nascosta a tutti i livelli; dalle stelle, ai buchi neri, e dalle galassie alle strutture del micromondo..
Gli artisti hanno stili diversi. Non ci aspettiamo di trovare il colore brillante di Renoir nelle mistiche ombre di Rembrant, o l’eleganza di Raffaello nei primi due. La musica di Mozart proviene da un mondo completamente diverso, quella dei Beatles da un altro e quella di Louis Armstrong da un altro ancora.
Allo stesso modo, la bellezza incarnata nel mondo fisico è un tipo particolare di bellezza. La Natura, come un artista, ha un suo stile caratteristico. Ecco perché, per apprezzare l’arte della Natura, abbiamo dovuto comprenderne lo stile. In tal modo abbiamo scoperto che essa ha due “ossessioni”: la simmetria, ovvero l’amore per l’armonia, l’equilibrio e la proporzione; l’economia, ovvero la soddisfazione di produrre una grande abbondanza di effetti con mezzi molto limitati.
Così, nel corso dell’anno scolastico, ci siamo immersi virtualmente nella Natura e nelle profondità del cosmo, e confrontati con il suo stile sorprendente ed a tratti misterioso. Regalandoci un’esperienza profondamente gratificante. Gli sforzi degli alunni sono stati premiati: attraverso lo sguardo di meraviglia dei bambini ed i concetti che sono riusciti a metabolizzare e fare propri in modi originali e personali. I nostri sforzi, nel cercare di cogliere e comprendere, saranno sempre premiati poiché, come avrebbe potuto dire Einstein “Sottile è la Natura, ma non maliziosa”..
La didattica che ci ha guidati nel percorso è stata improntata su: “STEAM”-metodo scientifico/LIM; ”TIM”(teoria intelligenze multiple); Mastery Learning (apprendimento per la maestria); e sul principio della “laboratorialità” di Dewey.
Ora possiamo presentarvi le nostre avventure, iniziate con un piccolo viaggio nella storia del pensiero, proseguite con l’investigazione scientifica e culminate nei laboratori creativi.
Da sempre, gli uomini si sono chiesti come fosse nato il mondo, di che cosa fosse fatto, come fosse ordinato, perché avvenissero i fenomeni della natura. Da millenni, si erano dati risposte che si somigliavano tutte: risposte che facevano riferimento ad intricate storie di spiriti, dèi, animali immaginari e mitologici. Dalle tavolette cuneiformi agli antichi testi cinesi, dai geroglifici nelle piramidi ai miti sioux, dai più antichi testi indiani alle storie africane, è tutto un colorato fluire di serpenti piumati, dèi iracondi o gentili che creavano il mondo soffiando sugli abissi..
Infatti, quando ancora non si era delineata la scienza, l’uomo antico, attraverso il mito, tentava di spiegare a sè stesso come funzionasse la natura. E sollevando lo sguardo attonito verso la volta celeste, le spaventose miriadi di stelle, non potevano che accendere di stupore ed anche d’inquietudine il suo animo. Per acquietarsi usava la sua fantasia. Nacquero così le costellazioni. E da qui è nata la nostra prima opera: una rappresentazione artistica del mito greco del drago Ladone, che ha dato origine alla costellazione omonima da ammirare e contemplare nei cieli notturni.
L’abbiamo intitolata “Costellazione del Draco”. Per realizzarla abbiamo scelto un modo inusuale ed originale. Piuttosto che disegnare l’animale mitologico, abbiamo pensato di realizzare un puzzle gigante, dai colori sgargianti, che raffigura un enorme dragone dalle scaglie iridescenti. Abbiamo dipinto di nero profondo una tela, ed a tempera ancora fresca, abbiamo assemblato su di essa le parti del drago, ed aggiunto tante stelle con la porporina. In questo modo, il drago Ladone, ucciso dal semidio Ercole, può continuare a custodire l’albero dalle mele d’oro di Giove e sua moglie Giunone, e brillare nell’infinito..
Ad un certo punto, nella storia del pensiero, precisamente a Mileto, una città greca ricca e fiorente, all’inizio del IV secolo prima della nostra era, Talete, il suo discepolo Anassimandro, Ecateo e la loro scuola, scoprono un altro modo per cercare risposte. Un modo che non fa riferimento a miti, spiriti o dèi, ma cerca risposte nella natura stessa delle cose. Questa immensa rivoluzione di pensiero segna l’aurora del pensiero scientifico.
Ed è alle prime e fondamentali intuizioni di questi sublimi filosofi, che abbiamo voluto dedicare la nostra seconda opera intitolata “I quattro elementi della natura”. Su uno strato di tempera acrilica nera (comune denominatore di tutte le tele) abbiamo scelto di rappresentare in modo astratto gli elementi “terra-fuoco-acqua-aria”, attraverso quattro cerchi concentrici sui quali sono stati incollati miriadi di frammenti e polvere di pastelli a cera dei colori corrispondenti. A simboleggiare il legame dell’uomo con gli elementi, le figure stilizzate di bambini, realizzate con gommapiuma, sistemate tutt’attorno ai cerchi. Abbiamo scelto i cerchi concentrici, da una parte, per evocare il sistema solare e dall’altra, per promuovere nel bambino il passaggio dal pensiero globale e sincretico, ai processi astrattivi.
Abbiamo parlato dello stile artistico della Natura, ebbene, non c’è nulla di più evocativo delle sue leggi e della bellezza, del fiocco di neve, autentico gioiello di ghiaccio, dalla geometria perfetta ed armoniosa. Anzi, dalle geometrie perfette ed armoniose, perché la natura ne produce d’innumerevoli forme.. Persino Johannes Kepler, astronomo e fisico, ne è rimasto ineluttabilmente catturato, tanto da spingerlo ad investigarne il segreto attraverso il trattato “De nive sexangula” (Trattato sulla neve esagonale). Ecco, ai segreti del fiocco di neve, tanto caro a Keplero, abbiamo dedicato la terza opera, intitolata “Cristallo esagonale”, realizzata con tempera acrilica blu, sulla quale abbiamo ricostruito la simmetria e l’armoniosità del fiocco di neve, utilizzando elementi inusuali , come i cd, per la loro forma circolare e per la caratteristica di rifrangere lo spettro luminoso. Ma ogni elemento è stato a sua volta decorato come fosse un piccolo cristallo..
Se ha senso considerare il mondo come un’opera d’arte, dobbiamo chiederci se è un’opera ben riuscita. Il mondo fisico, considerato come un’opera d’arte, è bellissimo? Per la conoscenza del mondo fisico, ci rivolgiamo al lavoro degli scienziati, ma per rendere giustizia a queste domande dobbiamo introdurre anche le intuizioni ed i contributi di alcuni artisti. Ecco perché, oltre a Renzo Bergamo che tratteremo in maniera approfondita nella prossima annualità di “Astrarte”, ne abbiamo scelto uno che, secondo il nostro giudizio, possiede le giuste caratteristiche per rispondere con la sua poetica alle nostra domande. Le sue opere evocano in maniera sublime lo stretto legame dell’uomo con la natura ed il cosmo. Ed è altamente simbolico che la sua raccolta “Nidi di stelle” sia in mostra permanente presso l’Osservatorio Astronomico di Monte Porzio Catone, a Frascati.
L’artista è Enrico Benaglia, un uomo di 70 anni, con gli occhi curiosi e l’animo di un bambino, con il quale abbiamo preso contatto ed in seguito conosciuto, partecipando con alcuni alunni ad una sua mostra, tenuta presso la Casina di Raffaello, a Villa Borghese. Originale ed insolito, il suo modo di rappresentare e dipingere le figure umane come fossero fatte di carta, a simboleggiare forse la caducità della vita e la nostra fragilità. Ma alla consapevolezza della natura effimera dell’uomo, si affianca e si contrappone la ricerca spasmodica dell’origine del Tutto. Si evince dallo slancio delle sue figure, e dai loro sguardi, sempre protesi verso l’alto. La dicotomia dell’esistenza umana, oggetto della poetica leopardiana, sospesa tra la natura terrena e l’anelito all’infinito.
Vi presentiamo due tra le opere di Benaglia che rispecchiano maggiormente il nostro percorso: “Esplorando il cosmo” e “L’alba sveglia con dolcezza”. Le abbiamo osservate, interpretate e riprodotte con il nostro stile. Abbiamo voluto rendere ancora più “reale” le figure umane, così, invece che dipingerle, le abbiamo realizzate con la carta, quasi come fossero origami a cui dare la forma piegando ora di qua ora di là. I bambini stessi, hanno manipolato le sagome per dare loro la forma dell’opera originale. Così, per conferire tridimensionalità all’uomo.. Non è un caso che Benaglia, insieme alle sue opere, sia stato molto amato dagli alunni, e sia entrato nel loro universo come fosse uno di loro..
Ed ora, visto che abbiamo iniziato ad esplorare il cosmo con Benaglia, scopriamo insieme la nostra galassia: la Via Lattea. E’ una tra le innumerevoli galassie “a spirale”, con un agglomerato centrale chiamato “barra galattica” dai cui poli opposti si sviluppano le due braccia. E’ qui, in una parte periferica di una delle spire, che si è formato il nostro sistema solare. Vi siete mai chiesti chi abbia dato questo bellissimo ed evocativo nome alla nostra galassia? E perché sia stata chiamata così? Ecco, in realtà, quello che riteniamo un sostantivo generico usato per tutte quelle esistenti e conosciute, è una parola greca, γαλαξίας ( pron. galaxìas) , precisamente un aggettivo, e significa “latteo”. Galassia = Via Lattea. Con questa equazione in teoria ogni galassia sarebbe una “via lattea”.. Ma sappiamo che non è così. Bizzarre conseguenze dei tortuosi ma interessanti giochi dei campi semantici e dei percorsi etimologici delle parole..
Furono gli antichi greci ad assegnare questo nome a quegli agglomerati lattiginosi che potevano scorgere nei meravigliosi cieli notturni, privi d’inquinamento luminoso. Nella mitologia classica, la Via Lattea nacque dalle gocce del latte fuoriuscito dal seno di Era mentre allattava Eracle. Zeus, approfittando del sonno della dea, attaccò al seno suo figlio Eracle, avuto con la mortale Alcmena, per donargli l’immortalità. Il figlio di Zeus però, agguantò un seno della dea con troppa forza, facendo schizzare parte del latte verso il cielo, creando così la Via Lattea..
A questo mito, abbiamo voluto dedicare la sesta opera d’arte, intitolata “Figli della Galassia”, come amava definirsi l’artista Renzo Bergamo. Tecnica utilizzata: tempera acrilica nera, gessetti colorati, glitter, polvere di gesso, collage di foto. Elemento inusuale e peculiare dell’opera, infatti, sono state le foto degli alunni, ritagliate ed incastonate qua e là nei vari anfratti della galassia, creando il particolare effetto dei bambini che, con sguardo di meraviglia, si ritrovano a fluttuare nel cosmo ed essere avviluppati dalla sua energia..
Ora raccogliamo le idee e concentriamoci, perché stiamo per indagare su uno tra i più grandi segreti del cosmo ed abbiamo bisogno di un po’ di tempo e di qualche parola in più.. Quello che oggi sappiamo essere un oggetto celeste, è il risultato di una delle previsioni della teoria della relatività di Albert Eistein. Lo introduciamo con la parola inglese perché è così che l’abbiamo presentato ai nostri alunni grandi: Black hole. Per capire cosa sia un black hole, bisogna essere un po’ “visionari” ed immaginare lo spazio ed il tempo come un unicum, e cioè come “spazio-tempo”. E lo spazio-tempo non è una dimensione metafisica in cui in qualche modo danzano i corpi celesti, anche se è poetico immaginarlo così.. Esso è come un tessuto, una trama fatta di tutte le particelle che conosciamo. Un tessuto “granuloso” e plastico, come lo definisce Carlo Rovelli, mosso, stiracchiato, compresso ed a volte “piegato” da una delle forze dell’universo: la gravità. La gravità dipende dalla “massa” degli oggetti o corpi celesti. E sono direttamente proporzionali. All’aumentare della massa, aumenta la forza di gravità che tutto plasma e muove all’intorno.. I corpi celesti infatti si muovono perché è il tessuto dello spazio-tempo ad essere “smosso” ed a comprimersi. I pianeti orbitano intorno alle loro stelle perché queste possiedono una massa tale da plasmare il tessuto in cui sono “immersi”. Quando una stella massiva estingue il suo carburante (idrogeno) e muore dopo un’ immane esplosione (chiamata supernova), tutta la materia (massa) di cui è composta, implode e si concentra in un punto di densità infinita cui corrisponde una gravità infinita.. Ecco, in quel punto, il tessuto dello spazio-tempo inizia a comprimersi, a “piegarsi” e chiudersi su se stesso. Immaginiamolo come un “pozzo buio” che per noi è senza fine, e che con la sua voracità infinita, la gravità, cattura ogni cosa all’intorno. Persino la luce. Ecco perché dagli scienziati è stato chiamato black hole.
Per tentare di far cogliere questo concetto ai bambini, abbiamo pensato di utilizzare lo “slime”, ad essi molto familiare, per simulare lo spazio-tempo, e li abbiamo fatti giocare a lungo, inserendo delle palline di pongo nero, più massiccio (black hole) nell’impasto gelatinoso. Con le mani l’hanno fatto ruotare in modo da vederlo incresparsi e deformarsi . Hanno colto più di quanto ci aspettassimo. Tanto che, da quel momento, hanno iniziato a produrre una miriade di disegni spontanei sulla prima immagine della storia, di un black hole, osservata per lungo tempo presso la LIM. Così, in onore di Albert Einstein e delle onde gravitazionali da lui predette, abbiamo realizzato la nostra opera più ardimentosa, chiamata “Messier 87”. Una grande tela che reca al centro, l’immagine diffusa in ogni parte del mondo. Dietro di essa, Il volto stilizzato e fiero di Einstein. Tecnica utilizzata: pittura acrilica , matita bianca, e frammenti di gesso per ricreare le onde gravitazionali.
Abbiamo rappresentato a lungo l’armonia, la bellezza e l’infinito. Così, per l’opera successiva, abbiamo cercato un’immagine che evocasse tutte queste cose insieme ed in più, che potesse rappresentare idealmente anche la nostra scuola. Da questo “concept” è scaturito un altro capolavoro che abbiamo intitolato “Il simbolo dell’Infinito”: un enorme pentagramma sinuoso e colorato in cui ogni rigo è un colore dello spettro visibile, che gradualmente si evolve e si trasforma in otto volante, che sembra danzare al ritmo delle sue stesse note e volteggiare tra le stelle..
Pur nel trambusto dei tanti eventi di un giorno così importante, ed un pochino stanchi, noi siamo stati orgogliosi di raccontare con le tele, i brani musicali ed i suggestivi canti, ed anche con qualche “contaminazione rock”, un viaggio bellissimo tra le meraviglie della nostra culla: l’Universo. Ed abbiamo voluto inneggiare ad esso, e concludere, recitando insieme ai nostri alunni, il canto più sublime che l’umanità abbia ricevuto in dono da uno tra i sommi poeti: “L’Infinito”.
Perché, come scrive Rovelli, “il mondo è sterminato ed iridescente; vogliamo andarlo a vedere. Siamo immersi nel suo mistero e nella sua bellezza. E l’incertezza in cui siamo immersi, la nostra precarietà, sospesa sull’abisso dell’immensità di ciò che non sappiamo, non rende la vita insensata: la rende preziosa.”