L’Eco…dei segni
La lezione di un Umanista del terzo millennio
A metà degli anni Settanta, Umberto Eco pubblica il “Trattato di semiotica generale”, un’opera che – immediatamente – raccoglie il favore della comunità internazionale degli studiosi, ponendosi come pietra miliare della ricerca in questo ambito. Ma che cosa è la semiotica?
La semiotica è lo studio dei segni e del loro significato: quando il vigile urbano alza la mano, è chiaro che questo segno ha un significato ben preciso per gli automobilisti, diverso da quello che lo stesso segno (o gesto) avrebbe se fatto da un alunno in classe durante una lezione.
Gli studi di semiotica risalgono al tempo della filosofia greca, per continuare poi nel corso del Medioevo e approdare all’età contemporanea, con interpretazioni ed esiti non sempre univoci. Secondo Eco, il segno non ha di per sé “un” significato, ma questo è legato alla particolare interpretazione di chi, con questo segno, entra in relazione. Pertanto, lo stesso segno può assumere sensi diversi, a seconda di chi lo interpreta.
Alma mater studiorum
Ho conosciuto Umberto Eco nei primi anni Ottanta, quando insegnava Semiologia musicale all’Università di Bologna. Conservo il ricordo delle sue lezioni: un intellettuale lucido e attento, che sapeva “giocare” con la cultura, attingendo, per le sue argomentazioni, agli ambiti più disparati dello scibile umano: la storia, certamente, ma anche la filosofia, la letteratura, l’arte, le scienze, la sociologia, la musica. Sì, anche la musica, perché Eco – non tutti lo sanno – era un attento cultore della musica: suonava il flauto dolce (ne possedeva diversi esemplari in legni pregiati) e “si dilettava” ad eseguire il repertorio barocco, interpretando brani di Telemann, Bach, Quantz…
Sulle tracce di Eco
In questi giorni giornali, radio, televisioni parlano di Eco. Finanche sui social imperversano post sulla sua figura. Quei social verso i quali lo studioso non aveva avuto alcuna riserva ad esprimere giudizi impietosi e che condannava per “aver dato diritto di parola a legioni di imbecilli”. Un’affermazione che fa riflettere, soprattutto perché detta da uno che per tanti anni ha indagato sul mondo, in continua espansione, dei mass-media.
Ma, tra tanto che ci ha insegnato, mi piacerebbe riportare ciò che io, nel mio piccolo, conservo della sua “lezione”:
- il riconoscimento della cultura come valore individuale e sociale;
- l’ironia con cui occorre guardare se stessi e il mondo;
- la funzione comunicativa dei segni nella loro relazione interpretativa.
Diceva Gustav Mahler, uno dei giganti della musica di fine Ottocento: “tradizione è mantenere accesa la fiamma del passato, non commemorarne le ceneri”. Dunque, ai ragazzi delle nostre scuole, un invito per ripercorrere le tracce di Eco romanziere: elaborare un racconto “storico”, con personaggi di fantasia che si muovono però in uno scenario “reale”. Un ottimo esercizio di scrittura creativa, per rivivere in prima persona la storia e renderla memoria attuale, valore condiviso.
Diceva Eco: “Chi non legge, a 70 anni avrà vissuto una sola vita: la propria. Chi legge avrà vissuto 5000 anni”.
Nel video, lo studioso nella “sua” biblioteca:
https://www.facebook.com/RepubblicaXL/videos/1279764138707524/